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Perché i giovani d'oggi non hanno più voglia di lavorare?

Immagine del redattore: Giada GGiada G

Aggiornamento: 19 lug 2020

La maggior parte dei giovani s'impermalosisce al sentire la frase "i giovani d'oggi non hanno più voglia di lavorare": ovviamente non è così per tutti, ci sono giovani e giovani, non si può generalizzare. In questo spazio io vorrei invece dare una risposta chiara e netta alla fatidica domanda del "perché i giovani d'oggi non hanno più voglia di lavorare?", o almeno perché danno questa impressione.


1) Possiamo permetterci di non farlo, di rimanere a casa e di essere mantenuti e sostenuti dai nostri genitori, che si sia fermi per procedere con gli studi o per pura pigrizia, un tetto anche dopo la scuola dell'obbligo ce lo abbiamo.


2) Non accettiamo lavori "umili" perché ci è sempre stata raccontata la storiella che se avessimo studiato avremmo ottenuto un buon lavoro... e adesso scusateci se ci aspettiamo che sia proprio così!


3) Abbiamo possibilità di scelta INFINITE, soprattutto dato che abbiamo un passaporto europeo che ci può portare ovunque. La mobilità è un fattore estremamente sottovalutato dagli attuali datori di lavoro e ha una grandissima forza potenziale che molti giovani devono ancora scoprire. Il giovane, nel 2020, non è obbligato a rimanere sempre nella propria città natale e non è obbligato a fare un lavoro sottopagato, perché ha così tante opzioni nel mondo che solo un ottuso si fermerebbe e si arrenderebbe al primo lavoretto disponibile. Se la situazione italiana non ci soddisfa, abbiamo la possibilità di prendere e andare a cercare una vita che ci soddisfi di più, con molta più facilità di quanto ci si potesse permettere qualche anno fa. Questo non significa scappare o non avere voglia di lottare, significa puntare alla soluzione più efficiente a risolvere il nostro problema.

4) Quello che stiamo vivendo in questi tempi in Occidente è uno dei più grandi shock valoriali della storia. Sto parlando della laicizzazione della popolazione, prendendo come esempio specifico l'Italia e il passaggio dal cattolicesimo all'ateismo. Perché, se è vero che, bene o male, siamo cresciuti con i valori cattolici dell'umiltà, degli "ultimi che saranno i primi" e "se ti colpiscono una guancia porgi anche l'altra" (chi ha fatto catechismo sa di cosa sto parlando), la nostra società individualista e sempre più irrazionalmente razionale ci porta ad abbandonare questi valori e a elevare l'obiettivo sopra ogni cosa. Ci si sente soddisfatti quando si arriva all'obiettivo, che poi è sempre una tappa, ma il percorso non conta più come una volta. Ora più che mai, la furbizia prevale rispetto al sacrificio.


5) Un altro salto di valori estremo è quello legato al campo familiare, che se prima era un'istituzione non solo rispettata, ma era quasi un obbligo protrarre la propria stirpe, ora la si vede come solo una delle possibilità, come solo una delle tante scelta di vita. Causa e conseguenza di ciò è che la nostra generazione ha il tempo di riflettere, forse troppo, sulla propria individualità e su ciò che si desidera per se stessi. A tutto questo si aggiungono teorie molto interessanti sul fatto che decidere di avere un figlio sia una scelta prettamente egoistica, dato che, in effetti, almeno che non stiate partorendo una Maria Teresa di Calcutta, non state facendo un piacere né alla società né al pargolo stesso, che si troverà di fronte a un mondo tossico, creato dalle stesse persone che lo hanno messo al mondo. Ora che il fattore "famiglia" sta perdendo importanza nella scala delle priorità, svaniscono con esso la mentalità del lavoro come mezzo per prendersi cura dei famigliari, la professione ora ha un ruolo più centrale perché occupa il gradino che prima apparteneva esclusivamente ai famigliari e ha anche più responsabilità perché deve darci abbastanza soddisfazioni e abbastanza emozioni per riempire lo spazio lasciato vuoto dal vecchio nido. Non avendo un punto fisso, dei figli da crescere e da mandare a scuola è anche più facile spostarsi viaggiare e diventiamo ancora più mobili, ciò ci permette di essere schizzinosi e di lamentarci finché non troviamo qualcosa che almeno temporaneamente ci soddisfi; il lavoro a tempo indeterminato 5/7, 8 ore al giorno nello stesso luogo, non fa più per noi. Siamo anche disposti a vivere per lavorare, se il lavoro fosse completamente in linea con i nostri valori ed interessi.


6) Ultimo, ma non meno importante della lista, e rivolto alle precedenti generazioni: lo avete sempre dichiarato che lo facevate per noi! Lo avete sempre detto che volevate che i vostri figli facessero una vita migliore, che potessero studiare, che non dovessero sporcarsi le mani come avete fatto voi. E adesso che avete ottenuto tutto ciò? Vi dà fastidio che possiamo avere una vita apparentemente più agiata della vostra, vi rode che, nonostante ciò, non ci accontentiamo e siamo infelici, che non ci basta mai nulla. Ma per fortuna, oserei dire! L'insoddisfazione è alla base del progresso, il fatto che cerchiamo e abbiamo i mezzi per arrivare all'obiettivo più velocemente non ci rende necessariamente più pigri di voi, forse solo un po' più furbi. E forse, in effetti, è proprio questo che vi rode.


Per molti aspetti vi meritate un GRAZIE, perché se io posso scrivere questo articolo dal mio PC nel mio comodo salotto è anche merito vostro. Purtroppo, però, ci avete anche lasciato una caterba di problemi e dilemmi, che adesso sta alla nostra generazione risolvere. Problemi che non sono pragmatici come il duro lavoro fisico e manuale di una volta: sono meno tangibili, la fatica e lo sforzo sono meno percepibili, ma vi assicuro che affaticano parecchio la mente e, soprattutto, la psiche. Mi riferisco a una scala valoriale completamente da rifare, al pianeta che va a fuoco, a un sistema meritocratico distrutto e altre due cosine, "dueddue", che ci toccherà sistemare... Ma, di nuovo, grazie, perché senza questa insicurezza, data dalle mille opportunità di cui disponiamo, non avremmo mai avuto l'occasione di ascoltare le minoranze e di combattere con loro, o di ascoltare la terra, la nostra psiche o di cercare il nostro posto nel mondo.

Perché è solo una volta che i nostri bisogni "primari" sono soddisfatti che riusciamo a cominciare a pensare agli altri. Non parlo di generosità, parlo di energie nervose spese a combattere per battaglie che non sono personali, parlo di appassionarsi ad una causa ed aggrapparcisi anche per provare a dare un senso alla nostra esistenza, trovare nuovi valori che ci sembrino meno egoistici in senso stretto, anche se sappiamo bene che l'altruismo oggettivo non esiste.

I problemi cambiano e, sì, i giovani non hanno più voglia di lavorare, se proprio risulta fastidioso chiamare "lavorare" il nostro lavoro di ripensamento della società. Al massimo troveremo un'altra parola... Tanto ormai ci stiamo inventando di tutto!





 
 
 

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