Non è certo nuovo il fenomeno delle modelle plus-size, curvy, o taglie forti (che cavolo vuol dire poi “taglie forti”?), insomma, decidete voi come volete chiamarle. Essenzialmente, queste modelle sono Donne con la D grande (e non solo la D), che portano taglie più generose rispetto a quelle considerate finora accettabili sulle passerelle (ovvero, non tendenti all’anoressia). Senza dubbio, la crescita della popolarità delle modelle curvy è equivalsa a un cambiamento positivo e a un passo in avanti verso l’accettazione di diverse misure, forme e tipologie di donna che, finalmente, diventano mainstream almeno quanto quelle meno formose. Yey!
Insieme a tutto l’entusiasmo per l’apertura mentale (o di marketing) a modelle con taglie più eterogenee, come per qualsiasi novità, sono sorte diverse controversie. Parlando di casi come quello di Tess Holliday e Angelina Dulipsea, bellissime donne con quello che molti vedono come un grave problema: sono considerate patologicamente obese, in base al loro IMC (Indice di Massa Corporea). Holiday ha suscitato pareri molto contrastanti dopo essere apparsa sulla copertina della rivista inglese Cosmopolitan, mentre Dulipsea ha scatenato guerre di opinione dopo essere comparsa nel video musicale “Mother’s daughter” di Miley Cyrus. Essenzialmente, la critica in entrambi i casi è stata che l’apparizione di donne patologicamente obese in piattaforme così mainstream è pericolosa, in quanto dà un’immagine positiva e romanzata di una condizione corporea altamente malsana e dannosa.
Dove sta, quindi, il confine tra la body positivity (ovvero l’accettazione di diversi tipi e diverse misure di corpo) e l’elogio all’obesità (condizione corporea altamente rischiosa per la salute)?
Da una parte, le persone sono contro a questo tipo di rappresentazione per un problema di salute fisica, ragionevolissimo... ma perché non pensiamo mai alla salute mentale? Il fatto che anche una persona che arriva a mettere su tutto quel peso (per qualsivoglia motivo, quasi mai volontario) possa vedersi come una PERSONA, degna di essere chiamata tale, con un valore e con il diritto di sentirsi bene con se stessa è un enorme e importantissimo step. Quindi, prima di tirare fuori la parola “salute” in un dibattito su questo argomento, sarebbe meglio tenere in conto anche quella mentale, soprattutto quando si parla dei millennials e dei genZ, che sono generazioni particolarmente vulnerabili da questo punto di vista. E ciò non significa assolutamente che i problemi di peso, quelli estremi, non portino a un più alto rischio di malattie fisiche (rischio scientificamente provato), però anche una salute mentale compromessa non è da sottovalutarsi. Quindi, se davvero ci si preoccupa del benessere di queste persone, insultarle malamente per il fatto che si facciano vedere pubblicamente con fierezza non è certo un modo efficace per risolvere il problema “salute”. Poi, se la salute delle persone è la cosa che preoccupa maggiormente chi avanza tali critiche, c’è da ricordare che una persona obesa potrebbe avere delle analisi del sangue più splendenti rispetto a una persona considerata “normopeso” che però ha uno stile di vita peggiore. Però non è obesa, quindi va bene così. Forse, dico forse, non è tanto la salute a preoccupare, ma siamo semplicemente una società che soffre altamente di Fatphobia (grassofobia)? Forse...
C’è chi ha paragonato il fatto di dare visibilità a persone in noto sovrappeso al darlo a persone in pericoloso sottopeso, entrambe condizioni corporee dannose per la persona stessa ed entrambe risultanti di un trauma o di un problema psicologico di fondo. Come ragionamento ha una logica, si stanno confrontando i due estremi di una scala. Però, una cosa che mi fa riflettere è: davvero la gente pensa che dare dignità a una persona in considerevole sottopeso o sovrappeso sia così dannoso? Che altre persone possano prenderlo come pass per lasciarsi andare completamente? Sicuramente questa possibilità c’è, ma è meglio che una persona obesa viva sentendosi bene con se stessa (anche se non in brillante salute) piuttosto che sentirsi socialmente non accettata e, di conseguenza, lasciarsi andare completamente perché non sente di avere un valore (scenario ipotetico, ma probabile). Se una persona è troppo grassa o troppo magra lo sa! È invece sentendosi comunque a proprio agio, nella società e con se stessa, che può smettere di utilizzare il cibo o il controllo del cibo per confortarsi e cominciare a utilizzarlo come ciò che dovrebbe essere: carburante per la vita!
Magari è proprio il fatto di conferire dignità a queste modelle che farà sentire altre persone, in una simile condizione, rappresentate e con il giusto incoraggiamento per prendere in mano la propria situazione e fare qualcosa di buono per se stesse. Perché se una persona non è in salute (fisica e mentale) e vuole uscirne, il primo passo è riconoscere di esserlo e il secondo è avere il coraggio per farlo, il quale persiste solo se la persona sa che ne vale veramente la pena. E questo come può succedere se tutto ciò che sappiamo fare è insultare e praticare body shaming sconsiderato, solo perché abbiamo paura del grasso?
Tutto sommato, i disturbi alimentari sono un grandissimo problema della nostra generazione (argomento che tratteremo meglio in futuro) e le persone che ne soffrono fisicamente le conseguenze ci sono, eccome se ci sono! Che senso ha ignorarle e tenerle ai margini della società? Forse così la situazione non fa altro che peggiorare. Sicuramente, però, mettere in mostra delle condizioni corporee così critiche è da fare con le giuste osservazioni ed è da accompagnare con messaggi produttivi e proattivi. È sicuramente un argomento controverso e degno di sano dibattito, ma una cosa è certa: la risposta a tutto questo non può essere una marea di insulti e di body shaming giustificati e mascherati dal “sono preoccupato per la salute di queste persone”. Piuttosto dite che non vi piacciono le persone grasse, così sarete solo infami (invece che ipocriti infami).
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