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LA CONSAPEVOLEZZA FA MALE

Immagine del redattore: Giada GGiada G

Abbiamo la conoscenza nelle nostre mani e spesso ci permettiamo di non memorizzare le informazioni che ci capitano a tiro. Ma possiamo anche permetterci di non di ragionarci sopra?


Ora, inutile ripetere la solita pappardella sul fatto che noi giovani non ci applichiamo nell'apprendimento perché abbiamo a disposizione un’abnorme massa di informazioni, calcolatori e assistenti virtuali che fanno il lavoro al posto nostro. Ce lo siamo detti tante volte e altrettante ci siamo ripetuti che capacità mnemoniche e di calcolo sono indispensabili nella nostra vita quotidiana e servono per mantenere sveglio, attivo e in salute il nostro cervello.

Il filosofo e sociologo della comunicazione Marshall McLuhan (1911-1980) definì i media come estensione e potenziamento delle facoltà umane. Se con la meccanica abbiamo potenziato ciò che si poteva fare a livello fisico, ottimizzando quindi tempi, spazi ed energie, con l’avvento dell’elettricità ciò che è stato esteso è il nostro sistema nervoso, in una dimensione a-temporale e a-spaziale.  Nell’ultimo quinquennio, il panico da “la tecnologia sa più dell’uomo” ha lasciato il posto ad una presa di coscienza che vede questo fattore come potenzialità da sfruttare. Si inizia quindi a dare importanza alle qualità che l’uomo ha e su cui la tecnologia non ha potuto prendere il sopravvento, ovvero la creatività e le soft-skills, risaltando qualità come l’intelligenza emotiva, il team-working, il problem-solving e tante altre belle parole che ci piace scrivere sul curriculum.

Ciò che si è tralasciato in questo passaggio è, però, l’importanza del ragionamento e del confronto. A volte mi chiedo in cosa impieghiamo tutta l’energia che risparmiamo nel non dover più memorizzare un numero così importante di informazioni. Forse Mcluhan aveva torto e il nostro sistema nervoso non viene espanso, ma semplicemente completato dalla tecnologia, rimanendo comunque della stessa portata di una volta? Forse la tecnologia ci rende più pigri e ancora meno capaci, in realtà, di sfruttare le nostre potenzialità intellettive? Quanto siamo realmente in grado di elaborare le informazioni che ci vengono fornite? E a che tipo di conclusioni riusciamo ad arrivare?

Se è vero che non si giungerà mai ad una verità assoluta, che i punti di vista della realtà cambiano in base al vissuto di una persona, a che pro il ragionamento?

Ragionare serve per arrivare a una propria consapevolezza. Consapevolezza che spesso fa male, che ci ferisce e che, di frequente, ci fa sentire piccoli e impotenti, ma dalla quale è impossibile prescindere se si vuole avere il controllo effettivo delle proprie azioni. Consapevolezza che, molte volte, richiede il dibattito e lo scontro fra diversi modi di pensare, di vedere e di elaborare. Questo perché, com’è vero che il ragionamento presuma di avere un fondamento razionale e una conseguenza logica, è anche vero che la logica del singolo si basa spesso su dati incompleti o verità costruite dal singolo stesso. Anche solo essere al corrente del fatto che esistano realtà diverse e che quella in cui viviamo è semplicemente costruita dal nostro vissuto e dal nostro modo di elaborarlo è un passo in avanti verso una più piena coscienza. 

Ciò che questo progetto si propone di fare è creare riflessione e dibattito su temi che spesso vengono, per natura del nostro cervello umano, emarginati o che vengono taciuti in nome di un molto ammirato “politically correct”, che è tanto giusto quanto compromettente per la nostra società. La consapevolezza deriva dalla conoscenza e, siccome nessuno sarà mai in possesso della conoscenza assoluta, anche la nostra consapevolezza non sarà mai totale: di conseguenza, le nostre azioni non saranno sempre coerenti con i nostri propositi e valori, proprio perché non saremo mai completamente coscienti del nostro agire. Se è vero che essere coscienti può portare ad un blocco e che l’iperrazionalizzazione è un pericolo per la nostra salute psicologica, in quanto il fatto di non poter mai arrivare ad una verità assoluta è un fattore doloroso e stressante, è però anche vero che è solo attraverso questa coscienza che possiamo agire come individui più liberi, scoprendo nuove possibilità rispetto a quelle che diamo per scontate. Non è difficile capire che solo conoscendo le cause e le conseguenze delle nostre azioni possiamo veramente guidare i nostri propri comportamenti. 

Come per tutto, “In medio stat virtus” (la virtù sta nel centro): attraverso dibattito e ragionamento possiamo divenire più coscienti. Poi sta a noi scegliere quali elementi tornare ad ignorare e quali invece prendere in considerazione per formare la nostra identità e prima di compiere le nostre scelte.  


 
 
 

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