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DA DOVE NASCE LA CONCEZIONE DEL “SEXY EQUALS CONFIDENT”?

Samia K

Ho sempre notato questa correlazione tra la rappresentazione femminile del potere e la sensualità di una donna. Mi spiego meglio: una donna, per mostrarsi sicura di se stessa, rende meglio se possiede un considerevole sex appeal. Mai notato? Provate a cercare “confident woman” su Google immagini. Oppure, pensate ad alcuni dei principali personaggi televisivi che sono l’emblema di forza e potere femminili, come Xena, la principessa guerriera (se non la conosci, hai avuto un'infanzia triste, my friend). Oppure, mi viene in mente la fantastica Jessica Pearson (Suits... presente?), avvocatessa spietata e carismatica, con un look favolosamente tagliente. E sono sicura che avrete altri esempi del genere in mente... notate un filo conduttore (vi do un indizio: sexyness)?

Mi sono chiesta da dove nasca questa sorta di modello predefinito (inconscio, forse) che abbiamo in mente di come una donna debba apparire esteticamente per comunicare potere, forza e sicurezza in se stessa. Non è certo una novità, e nemmeno un aspetto esclusivo al mondo femminile, che l'elemento estetico giochi un grosso ruolo in ciò che si vuole comunicare al mondo, dato che viviamo in una realtà in cui l'immagine è estremamente d’impatto. Questo articolo non vuole essere una critica a ciò, più che altro vorrebbe porsi come una piccola riflessione/analisi del come siamo arrivati a collegare la sensualità di una donna al suo livello di potere, sicurezza e autostima.


In una prima ipotesi, si potrebbe considerare che il fatto di stare fisicamente bene con se stesse, in particolare con la propria fisicità, porti a esprimere quest’ultima con sicurezza, accentuandola. È una naturale conseguenza che ciò comunichi un’immagine di autostima e potere. Cioè, se io sto bene con me stessa e decido di mostrarlo attraverso il mio corpo, tu avrai l’impressione che la mia autostima sia relativamente alta. Giusto?

Secondo un altro scenario, non necessariamente distaccato dal primo, posso vedere le origini di questa concezione nel fatto che, fino a non molto tempo fa, una donna doveva essere pudica, pura e casta, o almeno doveva dare l’impressione di esserlo. Con i successivi movimenti femministi, parte della ribellione alla reclusione femminile è stata proprio lo scoprire le parti femminili che sono generalmente sessualizzate e quindi demonizzate. Di conseguenza, questo “scoprimento”, o comunque l’utilizzo di un abbigliamento considerato provocatorio, potrebbe essere utilizzato anche oggi per esprimere una ribellione ai canoni predefiniti per le donne ed essere quindi usato come simbolo di emancipazione.

Sicuramente anche il marketing, soprattutto quello dell’industria del make-up e dell’abbigliamento femminile, ha rafforzato questa concezione del “sexy equals confident”, con la tipica immagine che ritrae la donna potente e sicura di sé con il rossetto rosso, l’abbigliamento attillato col tacco a spillo e, ovviamente, l’immancabile sguardo provocatorio.

Non vedo assolutamente problemi nell’esprimere autostima e sicurezza attraverso la propria sensualità… Ma anche il contrario è accettato? Voglio dire: una donna senza trucco, con un abbigliamento formale ma non provocatorio e con la pettinatura non perfettamente tirata può comunque esprimere socialmente un’immagine di sicurezza in se stessa, tanto quanto la donna seducente? Questo mi fa pensare al famoso detto “l’abito non fa il monaco”: siamo sicuri di pensarlo sul serio? E non si tratta di un qualsiasi abito, ma di un abito che esprima sensualità.

La sexyness è una possibilità di esprimere autostima o è diventata uno standard a cui attenersi per fare ciò? La provocazione sensuale, che è nata come emancipazione da dei canoni femminili predefiniti e reclusivi, è diventata un nuovo canone in sè? Ma la vera preoccupazione è: tutto questo significa che il potere di una donna è considerato stare nella sua abilità di essere fisicamente seducente?



 
 
 

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